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Dal Canada alla Gran Bretagna due nuovi casi di etichettatura errata nel mercato ittico

L’errata corrispondenza tra il prodotto venduto e quello dichiarato in etichetta è un problema che interessa particolarmente il settore ittico. L’attenzione su questo tema rimane sempre alta e anche in quest’ultimo mese non sono mancate notizie a riguardo.

La prima arriva dal Canada dove uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Guelph ha stimato che un terzo dei prodotti ittici venduti nel paese riportano un’etichettatura errata.

I dati ottenuti dai ricercatori canadesi si avvicinano ai risultati dell’indagine condotta sul mercato ittico statunitense dal New York State Office of the Attorney General (OAG), ma mettono in luce nuove problematiche. In questo caso i 203 campioni selezionati per l’analisi genetica (DNA barcoding) sono stati raccolti in diversi punti della filiera e non solo nei punti vendita destinati al consumatore finale, portando così alla luce errori di etichettatura nel corso di tutto il processo produttivo. Si tratta di imprecisioni non necessariamente volontarie, ma riconducibili anche ad un background normativo poco chiaro e diversificato, che possono arrecare danni a tutti gli attori del processo produttivo.

Notizie poco confortanti arrivano anche dal vecchio continente, in particolare dal Regno Unito dove ad essere messo sotto inchiesta è il piatto più famoso del paese. Uno studio condotto dall’Università di Exeter ha infatti rivelato la presenza di carne di squalo all’interno delle pietanze vendute nei chioschi di fish&chips. In questo caso, tra gli altri, subentra anche il problema della sostenibilità in quanto il DNA identificato appartiene per di più a specie di squali protette finite erroneamente nelle reti da pesca. Tra i campioni analizzati ad esempio è stato frequentemente rilevato il DNA di spinarolo (Squalus acanthias) una specie in via di estinzione presente nella lista rossa della International Union for the Conservation of Nature’s.

Ad oggi le analisi genetiche si rivelano lo strumento più utile ed efficace per il controllo e la tutela della filiera del settore ittico, tuttavia questi studi mettono anche in luce la necessità di avere una regolamentazione chiara e condivisa che consenta di avere un’etichettatura precisa e capace di fronteggiare allo stesso tempo frodi alimentari e problematiche di tipo salutistico e di sostenibilità ambientale.