Nel mese di dicembre 2022 si è concluso il progetto DNA Seafood Validation svolto in collaborazione con diverse aziende del settore ittico.
DNA Seafood Validation, nato sulla scia di DNA in filiera svoltosi nel 2019, ha l’obiettivo di valutare l’efficacia dell’identificazione genetica (DNA barcoding e mini-barcoding) sui prodotti ittici freschi e soprattutto su quelli lavorati (descrizione del progetto)
Era il 28 febbraio 1953 quando Francis Crick, fisico britannico e James Watson, biologo americano, in un pub di Cambridge, annunciarono la loro scoperta destinata a rivoluzionare la biologia e l’intero mondo della scienza: la struttura a doppia elica del DNA.
La storia del DNA tuttavia ha inizio molti anni prima. Nel 1869 Friedrich Miescher, biologo svizzero, impegnato nello studio delle proteine dei globuli bianchi estratti da bende usate fornite dagli ospedali, scoprì, all’interno dei leucociti, una sostanza chimica ricca di fosfato. Questa sostanza si trovava nel nucleo dei globuli bianchi e per questo motivo Miescher le diede il nome di ” Nucleina”. Nel corso degli anni il nome dato a questa sostanza venne modificato, prima in “acido nucleico” e successivamente in “acido desossiribonucleico” o “DNA”.
Dopo l’aumento record (+17%) registrato nel 2020, continua la crescita delle vendite di integratori alimentari a base di erbe negli Stati Uniti. Secondo i dati del Nutrition Business Journal (NBJ) nel 2021 queste hanno superato i 12 miliardi di dollari con un aumento del 9,7% rispetto all’anno precedente.
Nel 2021, come già avvenuto nel 2020, gli aumenti sono stati guidati dalle vendite dei prodotti per il supporto del sistema immunitario ai quali si sono però aggiunti integratori per la salute dell’apparato digerente, per il miglioramento dell’umore, per l’aumento dell’energia e la prevenzione dell’insonnia. La scelta di questi prodotti è probabilmente correlata all’aumento dei livelli di ansia e stress percepiti dai consumatori a seguito del prolungarsi della pandemia da COVID-19.
Sono trascorsi esattamente vent’anni da quando, nel febbraio del 2003, il Dr. Paul Hebert insieme ai suoi tre collaboratori Alina Cywinska, Shelley Ball e Jeremy deWaard, pubblicò l’articolo “Biological Identification Through DNA Barcodes”, presentando per la prima volta al mondo una scoperta destinata a cambiare il sistema di identificazione di tutti gli organismi viventi.
La nuova metodologia, studiata presso l’Università di Guelph, si basava sull’analisi di un segmento del DNA caratterizzante e distintivo di ogni specie che, proprio come un codice a barre con un prodotto, consente di identificare in modo certo e univoco la specie di appartenenza di ogni essere vivente. Per questo motivo, prese il nome di DNA barcoding.
Si parla nuovamente di insetti nel piatto. Questa settimana due nuove specie hanno ottenuto l’approvazione della Commissione Europea per essere commercializzate come alimenti. Rispettivamente dal 24 e dal 26 gennaio, la farina parzialmente sgrassata di Acheta domesticus (grillo domestico) e le larve di Alphitobius diaperinus (verme della farina minore) congelate, in pasta, essiccate e in polvere potranno essere vendute, consumate e utilizzate per la produzione di diversi alimenti come ad esempio pane, biscotti, prodotti da forno, salse, snack, prodotti a base di pasta, minestre e sostituti della carne.
In passato la Commissione Europea ha già dato il via libera alla locusta migratoria e alla larva gialla della farina e, al momento, ci sono altre otto domande in lista d’attesa.
Lo studio si è concentrato in particolare sul caso dello sgombro il cui genere è composto da quattro diverse specie: S. scombrus (Linnaeus, 1758 ), più costoso e dalle ottime proprietà nutritive, S. japonicus (Houttuyn, 1782 ), S. colias (Gmelin, 1789 ) e S. australasicus (Cuvier & Valenciennes, 1832 ).
Ad oggi la legislazione europea sul tema dell’etichettatura dei prodotti ittici è ancora abbastanza permissiva in quanto non impone di indicare sulle etichette dei prodotti trasformati la specie scientifica delle materie prime utilizzate, inducendo così il consumatore in errore. A questo si aggiunge il fatto che la perdita di caratteristiche morfologiche durante la lavorazione impedisce una corretta identificazione della specie aumentando così la possibilità di errori e frodi.
La Nigella sativa è una pianta originaria dei paesi dell’Europa sudorientale e meridionale e del Vicino Oriente, impiegata in cucina e ampiamente utilizzata in fitoterapia e omeopatia. Questa viene usata come antibiotico e antinfiammatorio naturale ed è possibile trovarla in tè, sciroppi per la tosse, unguenti per ferite, oli per massaggi e altri prodotti cosmetici.
Le proprietà benefiche della Nigella sativa sono conosciute fin dall’antichità. Già gli antichi Egizi utilizzavano l’olio essenziale da essa ricavato per le sue proprietà emollienti, nutritive e lenitive.
La Nigella sativa è anche conosciuta come cumino nero, seme nero, fiore di finocchio, coriandolo romano, e fiore di noce moscata. La presenza di questa moltitudine di nomi comuni può creare molta confusione, poiché si riferiscono anche a piante e spezie comuni come ad esempio il cumino (Cuminum cyminum), il cumino dei prati (Carum carvi), il finocchio (Foeniculum vulgare), il coriandolo (Coriandrum sativum) e la noce moscata (Myristica fragrans).
Massima allerta nel Napoletano dove, nella notte tra il 5 e il 6 ottobre, cinque persone si sono recate in ospedale accusando problemi intestinali, allucinazioni e dolori intensi dopo aver consumato un piatto di spinaci. Ad oggi le persone ricoverate sono una decina, alcune delle quali in gravi condizioni.
Inizialmente i sospetti sono ricaduti erroneamente sulla mandragora (Mandragora autumnalis), un’erba perenne della famiglia delle Solanacee (come i pomodori, le melanzane e i peperoni) originaria delle regioni mediterranee. La mandragora fiorisce in primavera e in autunno emettendo nuovi fiori e nuove foglie che possono essere scambiate per spinaci o biete.
Dopo una lunga estate di controlli rafforzati, è arrivata l’operazione di sequestro di oltre 50 chilogrammi di falsa mozzarella di bufala campana DOP e di altri prodotti alimentari scaduti.
Gli agenti vigilatori del Consorzio di Tutela sono stati coinvolti in un’operazione congiunta a Milano, condotta con i Carabinieri del Reparto Tutela Agroalimentare di Torino, che ha smascherato un caseificio che utilizzava abusivamente la denominazione della Mozzarella di bufala campana Dop. Il produttore, con punti vendita in Campania e Lombardia, spacciava per Bufala Dop una mozzarella realizzata con un misto di latte vaccino e bufalino. Aveva addirittura riprodotto il logo del Consorzio senza autorizzazione.
Oltre 60mila controlli, 955 interventi fuori dei confini nazionali e sul web a tutela delle Indicazioni Geografiche, 5,5 milioni di chilogrammi di merce sequestrata, per un valore di oltre 9 milioni di euro. Su 33.404 operatori ispezionati e 62.316 prodotti controllati, le irregolarità hanno riguardato il 15,9% degli operatori, l’11,6% dei prodotti e il 9% dei campioni analizzati. Questo è quanto emerge dal resoconto sulle attività svolte dall’Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e della Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF), della stagione 2021.